Dal novembre 2020, Claudio Feltrin è il nuovo presidente di FederlegnoArredo, la federazione che dal 1945 rappresenta le imprese italiane della filiera del mobile e del legno. Una filiera che genera il 4,5% del fatturato manifatturiero nazionale e che nel 2019 ha contato un valore di produzione di 42,5 miliardi di euro. Dati tutti da rivedere alla luce della pandemia, con un’edizione del Salone del Mobile cancellata e rinviata al settembre 2021, e la completa mancanza di vetrine internazionali a supportare il lancio di nuovi prodotti. Non è con fare pessimista, però, che Feltrin ha voluto approcciarsi al nuovo incarico passato in consegna da Emanuele Orsini, oggi alla vicepresidenza di Confindustria.
Feltrin è presidente e amministratore delegato di Arper, azienda trevigiana fondata insieme al padre nel 1989, uno di quei gioielli dell’imprenditoria italiana che negli anni ha saputo internazionalizzarsi, e dal 2014 al 2017 è stato membro del Consiglio direttivo di Assarredo, diventandone presidente nel 2017. Un percorso, quello verso la presidenza di FederlegnoArredo, che affonda le radici proprio là dove la federazione oggi più che mai deve intervenire: il tessuto delle Pmi italiane della filiera del legno-arredo. Un tessuto che, data l’annata appena trascorsa, rischia di lacerarsi. Ma che Feltrin conosce abbastanza bene da aver coniato un motto, quasi un mantra, che riassume tutto lo spirito che ha reso grande il design italiano: visione e azione. Partire da una concreta analisi dei bisogni delle aziende per agire con tempestività e incidere sulle scelte che ricadono sugli imprenditori. E in uno scenario come quello attuale, sembra proprio che la tempestività, insieme alla flessibilità, costituiscano l’attitudine chiave per minimizzare i danni della pandemia.
Che situazione si è trovato ad affrontare come neo-presidente?
Sono arrivato in FederelegnoArredo ben conscio delle problematiche in essere, dopo averle vissute in prima persona come imprenditore. Appena terminato il lockdown, però, le previsioni erano molto più fosche: ad aprile si parlava di una contrazione del fatturato della filiera del 30/40%. A luglio, invece, a gran sorpresa, abbiamo assistito a un rimbalzo, con un terzo trimestre da record. E la misurazione di fine agosto segnava un -17% per l’intera filiera. Già meglio.
Cos’ha provocato questo rimbalzo?
All’inizio si pensava dipendesse da ordini precedenti rimasti sospesi, invece abbiamo capito che dietro a quei numeri c’era, anzi, c’è, un ritorno alla centralità della casa. Se infatti nell’era pre-Covid eravamo proiettati verso l’esterno, ora la prospettiva è ribaltata. Ci siamo resi conto che la casa ha bisogno di essere ripensata: non è più solo un dormitorio, ma il centro della vita. Ciò non toglie che il 2020, per l’arredo, non sarà un anno del tutto da dimenticare. Alcune aziende hanno chiuso in pareggio e vari settori, come gli imballaggi, hanno tenuto meglio di altri. Questo non vale ovviamente per il contract, dove la sofferenza persiste, e gli allestimenti, dato l’annullamento di tutte le fiere del settore.
A inizio novembre ha inviato una lettera al governo per chiedere di mantenere aperti gli stabilimenti produttivi e gli showroom. Ha trovato collaborazione?
Siamo stati ascoltati di più. Il lockdown precedente ha visto un arresto totale della produzione. Nella lettera ho voluto evidenziare la bassa pericolosità delle nostre aziende, che hanno superfici molto ampie e pochi addetti, e dei nostri punti vendita. Se contiamo che la Federazione comprende 73mila imprese occupando oltre 311mila addetti, significa che ogni azienda impiega in media circa 4,2 lavoratori. Un rapporto basso. Siamo quindi riusciti a mantenere attiva la produzione anche nelle zone rosse, con l’unica problematica dei negozi chiusi. Un ostacolo superato rendendo possibile la consegna a casa dei prodotti in magazzino e degli ordini emessi prima delle nuove restrizioni. Adesso possiamo dire di avere una filiera pronta a rimanere accesa sempre, in ogni situazione.
Nel suo programma da presidente, la sostenibilità ha un ruolo centrale. Quanto può dare impulso alla ripresa?
Durante la presidenza in Assarredo abbiamo iniziato a ragionare su come concretizzare il tema della sostenibilità tra le nostre aziende, muovendoci in sintonia con il Green Deal dell’Unione Europea. L’idea è di creare un protocollo che aiuti le imprese, passo dopo passo, a rendersi più sostenibili. Sarà una grande opportunità di trasformazione: chi deciderà di abbracciare adesso il cambiamento guadagnerà in visibilità e competitività, chi non lo farà sarà costretto a farlo comunque nei prossimi anni. Sappiamo bene, però, che per le aziende piccole non sarà facile azionare questo processo: per questo dobbiamo aiutarle a farlo. Il rischio è che altrimenti la filiera si indebolisca. Qualsiasi imprenditore deve sentire il tema della sostenibilità come un imperativo, sia eticamente parlando che in termini di business.